Tre referendum per l’acqua pubblica: il 24 Aprile parte in tutta Italia la raccolta firme

Tre referendum per l’acqua pubblica
Tre firme per ribadire : fuori l’acqua dal mercato ! Fuori i profitti dall’acqua !

Il 24 Aprile parte in tutta Italia la raccolta firme.


Il circolo Sinistra Ecologia Libertà organizzerà banchetti per la raccolta delle firme in tutte le piazze dell'Alta Valle del Tevere. Nelle prossime settimane vi comunicheremo maggiori dettagli.

Photobucket


La raccolta delle firme sarà un grande momento di azione politica collettiva

Depositati in Cassazione i quesiti referendari per l’acqua pubblica

Sono stati depositati stamattina presso la Corte di Cassazione di Roma i quesiti per i tre referendum che chiedono l’abrogazione di tutte le norme che hanno aperto le porte della gestione dell’acqua ai privati e fatto della risorsa bene comune per eccellenza una merce.
La raccolta delle 500 mila firme necessarie per l’ammissione dei referendum inizierà nel fine settimana del 24-25 aprile, una data simbolo per quella che il Forum dei Movimenti per l’Acqua intende come la Liberazione dell’acqua dalle logiche di profitto.
“Se il governo crede di aver chiuso la partita dovrà ricredersi, – ha detto Marco Bersani dei Forum Movimenti per l’Acqua durante l’affollata conferenza stampa – la coalizione che appoggia i referendum è la più ampia aggregazione formale di movimenti, associazioni laiche e cattoliche, forze politiche e sindacali che si sia mai riunita intorno a un tema simile. Queste forze ci porteranno a raccogliere le firme, approvare i referendum e votare tre sì per l’acqua pubblica”.
Presenti alla conferenza stampa anche Padre Alex Zanotelli e tre dei costituzionalisti che hanno redatto i quesiti referendari : Stefano Rodotà, Gianni Ferrara e Alberto Lucarelli.
“Il mezzo referendario – ha sottolineato Rodotà – è lo strumento per rimettere in moto la politica in questo periodo di grande disaffezione, la raccolta delle firme sarà un grande momento di azione politica collettiva”.
Secondo Alex Zanotelli chi pagherebbe di più dalla privatizzazione dell’acqua sarebbero i poveri, “la nostra vittoria servirà non solo nel panorama italiano ma darà anche una scossa all’Unione Europea. Se Parigi ha ripubblicizzato l’acqua, se nelle Costituzioni di Bolivia e Uruguay l’acqua è definito bene comune non mercificabile, possiamo farcela anche noi”.
A chi chiedeva una risposta al Ministro Ronchi che più volte, anche in questi giorni, ha screditato i promotori dei referendum accusandoli di veicolare messaggi menzogneri sulla sua legge, Marco Bersani ha risposto con una sfida al Ministro : “Scelga lui il luogo e l’ora, noi siamo disponibili ad un confronto, dati alla mano, sugli effetti della suo decreto e dell’apertura ai privati della gestione dell’acqua nel nostro paese”.

Fonte Forum Italiano Dei Movimenti per l'Acquahttp://www.acquabenecomune.org/

Riunione Circolo Sinistra Ecologia Libertà Altotevere Umbro

Il Circolo Sinistra Ecologia e Libertà di Città di Castello si riunirà VENERDI' 9 APRILE 2010 alle ore 21 presso la Sala Gruppi Consiliari del Comune di Città di Castello.

L'incontro è aperto a tutti.

Buona giornata.

--
Sinistra Ecologia Libertà Altotevere Umbro
Sede: Via Plinio il Giovane n. 4/a Città di Castello

Per riflettere sul senso del lavoro, della libertà e della coscienza di classe

Brano tratto da "Introduzione alla storia dei sistemi economici in Europa dal feudalesimo al capitalismo", di Ciro Manca

Secondo la magistrale sintesi di Bloch «nella signoria l'aspetto economico era primordiale. In essa i poteri del capo ebbero, sin dall'origine, lo scopo, se non esclusivo per lo meno preponderante, di assicurargli dei redditi mercé il prelievo sui prodotti del suolo. Una signoria dunque era, anzitutto, una "terra" - il francese parlato quasi non conosceva per essa altro termine -, ma una terra abitata da sudditi... Il diritto reale superiore che il signore esercitava sulla capanna, sul lavoro, sul terreno del villano si traduceva... soprattutto nella riscossione di tasse e di servigi. Questi ultimi consistevano, per la maggior parte, in corvées agricole effettuate sulla pars dominica (riserva signorile)... I cànoni e le corvées... altro non erano stati, inizialmente, che il segno della dipendenza in cui si eran trovati gli abitanti nei confronti d'un capo di villaggio, di tribù o di clan, o di un patrono di clientela, a poco a poco mutatisi in veri e propri signori» (1). Con l'andare del tempo «gli abusi di forza dei padroni non avevano più altri contrappesi - conclude Bloch - che la meravigliosa capacità d'inerzia della massa rurale» (2). Ci sia consentito d'osservare che l'acquiescenza della massa rurale, la «meravigliosa capacità d'inerzia» sulla quale Bloch sembra ironizzare, era nutrita dal bisogno insopprimibile d'accedere alla terra - oggetto pressocché esclusivo del lavoro - nella sola maniera possibile: sottomettendosi al patronato della classe signorile.

Tra età moderna e contemporanea, sui fattori produttivi si stabilisce l'eminenza del capitale; sui produttori, parallelamente, la preminenza dei capitalisti. Ne deriva un tipo di sistema economico - che diciamo capitalistico perché fondato, prima di tutto, sull'impiego massiccio del capitale - nel quale si fronteggiano le classi, grandi e composite, dei proprietari di mezzi materiali di produzione diversi dalla terra e dei proprietari di forza-lavoro sciolti da residui vincoli d'origine feudale. I rapporti di produzione e distribuzione sono regolati per contratto, liberamente, ma il potere contrattuale è squilibrato a vantaggio dei capitalisti.

Seguiamo il ragionamento di Dobb: «Nel caso del moderno salariato, la specifica limitazione alla sua libertà che ci interessa è la sua incapacità a guadagnarsi da vivere se non attraverso la conclusione di un contratto di lavoro con coloro che hanno la terra o il capitale per metterlo al lavoro. E' certamente possibile confrontare la sua posizione, rispetto alla libertà ch'essa consente, con quella dei datori di lavoro in quanto classe; e questo è il punto importante per il nostro scopo. I suoi datori di lavoro hanno meno urgenza (dal momento che posseggono proprietà) di concludere un contratto con lui, di quanta ne abbia il lavoratore di concluderlo con loro: quelli possono diventare salariati, se ciò dovesse sembrar loro opportuno, e possono, probabilmente, avere accesso ad altre occupazioni, da cui questo è precluso per mancanza di mezzi; mentre il lavoratore difficilmente potrà passare dall'altra parte e diventare datoire di lavoro, se non per un caso rarissimo e fortunato... Quindi il lavoratore, a causa della sua minore libertà economica - della sua scelta più circoscritta - dipende dal capitalista in grado maggiore e in senso più significativo di quanto il capitalista dipenda lui: un fatto che avrà, evidentemente, una influeza fondamentale sul contratto salariale fra i due» (3). Portandoci più avanti, e badando all'essenziale, noi potremmo concludere che il superiore potere contrattuale del capitalista coincide col suo superiore potere d'acquisto, ch'egli cede parzialmente e provvisoriamente al lavoratore, bisognoso di sussistenza, sotto forma di salario anticipato sulla conclusione del ciclo lavorativo, al quale entrambi partecipano.

Questo stato di cose, in un periodo storico determinato, ha consentito di massimizzare i profitti minimizzando i salari ai limiti e sotto i limiti di povertà. Agl'inizi del secolo scorso, in uno dei popolari Dialoghi della signora Marcet, citato anche da Dobb, se ne teorizzava in questi termini: «Se il valore prodotto del lavoratore eccede quanto egli ha consumato, l'eccedenza costituirà un reddito per il suo datore di lavoro; e si osservi che un reddito non può ottenersi altrimenti che con l'impiego dei poveri... Il ricco e il povero sono necessari l'uno all'altro, precisamente come nella favola del ventre e degli arti; senza il ricco, il povero morirebbe di fame; senza il povero, il ricco sarebbe costretto a lavorare per il proprio sostentamento» (4). Le conseguenze sociali di tali rapporti economici si trovano stampate nelle pagine di Engels e Dickens sulla condizione dei lavoratori nelle città industriali dell'ottocento, che compongono degli ampi saggi sulla «cultura della povertà». Ma non si tratta, sia detto per inciso, d'una condizione permanente e irrimediabile. Già verso la metà di quel secolo, come ha osservato Deane, «se i lavoratori avessero esercitato una sia pur piccola forza contrattuale congiunta, non vi è dubbio che il livello generale dei salari sarebbe di molto cresciuto con l'espansione dell'industria...» (5). L'esperienza ha confermato che il principale rimedio, per sostenere il potere contrattuale dei lavoratori e ristabilire l'equilibrio nei rapporti di produzione e distribuzione, risiedeva e tuttora risiede nella coalizione delle forze e nell'azione comune, che presuppongono, precisamente, una coscienza di classe.


(1) M. Bloch, La Societé Féodale
(2) Ibidem
(3) M. Dobb, Wages
(4) J. Marcet, Conversations on Political Economy
(5) Ph. Deane, The First Industrial Revolution

La rivoluzione del cibo




Jamie Oliver è un cuoco britannico che ha appena lanciato una serie televisiva negli Stati Uniti: Jamie Oliver’s Food Revolution, in onda su Abc. Il cuoco, che ha già condotto molti programmi di successo in Gran Bretagna, questa volta ha l’ambizione di cambiare le abitudini alimentari degli statunitensi a partire dalle scuole e dai posti di lavoro.

Impressionato dagli alti tassi di obesità, malattie cardiache e diabete, Oliver ha deciso di percorre gli Stati Uniti, cominciando dalle mense scolastiche dove i bambini imparano i fondamenti delle loro abitudini alimentari.

La prima puntata della serie si svolge a Huntington, in West Virginia, che viene definita la città più insalubre d’America. “È arrivato il momento che la gente riscopra la soddisfazione e il divertimento di cucinare in famiglia. Voglio dimostrare che rompere la catena dell’obesità e delle abitudini alimentari sbagliate non è né noioso né pesante. Vincere la mia battaglia a Huntington avrà delle conseguenze per il resto del paese”, ha detto Jamie Oliver.

Fonte: http://www.internazionale.it/home/?p=20409#more-20409

Il discorso tipico dello schiavo